Il santo diventa riconoscibile grazie ad alcuni elementi che costituiscono il tratto identificativo del suo potere taumaturgico o del suo speciale patrocinio; l'effige stessa in cui è raffigurato il santo, il cosiddetto santino, che viene distribuita ai fedeli, dopo essere stata benedetta, viene affissa dietro la porta di casa o sul capezzale del letto o nei luoghi di lavoro o addirittura la si porta sulla persona come un amuleto o si mette sulle parti malate per invocare la protezione del santo attraverso preghiere e scongiuri, sostituendo così ogni medicamento. Nella religiosità popolare spesso la protezione si estende anche agli animali, che ancora oggi vengono fatti sfilare sfarzosamente addobbati in occasione dei festeggiamenti per il santo patrono. Gli itinerari processionali servono a sacralizzare i luoghi e la vara (il carro su cui viene posta la statua del santo patrono), secondo antiche credenze popolari, è dotata di poteri benefici e di un'autonoma libertà di movimento.
In Sicilia non esiste paese, anche piccolo, che non festeggi il proprio patrono o non coltivi la propria festa tradizionale, con manifestazioni rituali incentrate sull' ostentazione dell' abbondanza di cibo e su atti devozionali e penitenziali: processioni solenni, novene, pellegrinaggi e offerte spettacolari; ogni festa diventa un evento straordinario in cui anche la riproposizione di simboli manifesta il sentimento di religiosità popolare. I pani votivi, ad esempio, presenti nella maggior parte delle feste siciliane con denominazioni diverse a seconda dei paesi e delle feste (cuddure, cucciddati, cannarozza, ucchialeddu e così via), diventano un simbolo sacrale. Preparati esclusivamente dalle donne in una varietà di forme e dimensioni ( con raffigurazioni che si rifanno alla tradizione cristiana), una volta benedetti, i pani vengono distribuiti tra i devoti, che li conservano, li distribuiscono tra i parenti, li sminuzzano per spargerli nei campi seminati allo scopo di propiziare un buon raccolto. Altri segni densi di valore simbolico che ritroviamo nelle feste religiose sono costituiti dalle spighe di grano, dai rami di alloro e di ulivo, i ceri, i cilii, tradizionalmente portati in processione. Questa usanza risale probabilmente a quando Federico II di Svevia, durante la dominazione sveva in Sicilia, fece un'offerta in denaro alla chiesa di Palermo perche acquistasse ceri e oli sacri in suffragio dell'anima dei suoi genitori; da allora l'uso di portare i ceri in processione, come atto di devozione soprattutto da parte delle varie corporazioni di arti e mestieri, si ritrova in molte feste. In Sicilia, ogni festa religiosa diventa occasione di recupero del passato attraverso una serie di rituali che, grazie alla profonda religiosità popolare, sono stati tramandati nel tempo e si ripetono replicando le antiche modalità di espressione.